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Lavoro agricolo, come difendersi dal caldo

L’agricoltura è uno dei settori maggiormente esposti alle alte temperature, è bene quindi adottare buone pratiche e seguire regole condivise per prevenire i possibili danni alla salute. Ecco come comportarsi al lavoro. Lo riporta Agronotizie.

Temperature da record e giornate da bollino rosso sono ormai una costante di questa estate, eccezion fatta per qualche episodio temporalesco che generalmente abbassa le temperature per qualche giorno sia a Nord che a Sud della penisola.

Non uscire di casa nelle ore più calde della giornata, bere acqua frequentemente e preferire determinati alimenti rispetto ad altri sono le sempre valide raccomandazioni degli esperti per prevenire tutti quei possibili rischi derivanti dall’esposizione alle alte temperature.

“Recentemente – ci spiega Alessandro Marinaccio, dirigente di ricerca e responsabile del Laboratorio di Epidemiologia dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (Inail) – l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) ha confermato come le estati più recenti abbiano fatto registrare globalmente le temperature più alte di sempre. L’Italia e il bacino del Mediterraneo sono fra le zone del pianeta più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico e sono interessate da un significativo aumento delle temperature”.

Caldo record e danni alla salute

In considerazione di questo quadro diventa quindi necessario porre sempre più attenzione all’impatto del cambiamento climatico, e nello specifico all’impatto dell’esposizione a temperature elevate, sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori.

“Numerosi studi epidemiologici – continua Marinaccio – hanno mostrato come lavorare in condizioni di esposizione eccessiva al caldo non solo espone i lavoratori a rischi diretti per la salute, ma aumenta anche la probabilità di infortunio in ragione di condizioni fisiche e cognitive compromesse e della conseguente minore capacità di affrontare eventi inattesi. Le metanalisi che hanno sintetizzato tali risultati, confermando una coerenza di fondo nelle stime, mostrano un accresciuto rischio di infortunio per esposizione ad elevate temperature, in particolare per i lavoratori di alcuni settori industriali (edilizia, agricoltura, logistica e trasporti), per i lavoratori più giovani e delle aziende di piccola dimensione”.

L’agricoltura è infatti uno dei settori maggiormente esposti alle alte temperature e di conseguenza gli agricoltori sono tra i lavoratori maggiormente esposti ai rischi alla salute causati dal caldo. I danni alla salute possono essere di tipo diretto, come crampi, sincope da calore, colpo di calore, patologie a carico della pelle e delle ghiandole sudoripare; oppure indiretto, aggravando condizioni patologiche preesistenti, o creando condizioni di affaticamento che possono ridurre la capacità di attenzione del lavoratore e aumentare, come detto, il rischio di infortuni.

Tra tutti, la condizione clinica più grave associata all’esposizione al calore è il colpo di calore. Da non confondersi con il colpo di sole, può manifestarsi anche al chiuso o comunque in assenza di sole, quando la temperatura esterna è molto alta e è associata a un elevato tasso di umidità o alla mancanza di ventilazione. I segni e sintomi sono i seguenti: temperatura corporea superiore a 40°C, iperventilazione, blocco della sudorazione, alterazioni dello stato mentale, aritmie cardiache e scompensi renali, epatici e polmonari.

“Si tratta di un’emergenza medica che può provocare danni agli organi interni e nei casi più gravi la morte”, spiega il dirigente di ricerca dell’Inail. “Se un lavoratore mostra i segni di un possibile colpo di calore è necessario chiamare immediatamente il 118. Fino all’arrivo dei soccorsi è importante spostare il lavoratore in un’area fresca e ombreggiata, rimuovere quanti più indumenti possibile, bagnarlo con acqua fresca o applicare asciugamani imbevuti di acqua fresca su testa, collo, viso e arti, e far circolare l’aria per accelerare il raffreddamento”.

Ma quali sono le regole e le buone pratiche che devono mettere in atto sia i datori di lavoro che i lavoratori per prevenire il rischio di stress da calore nei luoghi di lavoro?

Lavoro e caldo, cosa deve fare il datore di lavoro

Insieme a Alessandro Marinaccio abbiamo individuato dieci misure di prevenzione e protezione consigliate ai datori di lavoro.

Eccole nel dettaglio:

  • Valutazione dei rischi. Individuare un responsabile che svolga la valutazione del rischio a partire dalla conoscenza degli effetti del caldo, delle patologie da calore, delle esigenze lavorative, degli indumenti di lavoro, dei Dispositivi di Protezione Individuale (Dpi) e dei fattori di rischio individuali.
  • Sorveglianza sanitaria. Qualora il processo di valutazione del rischio evidenzi un’esposizione abituale o comunque prevedibile del lavoratore nell’ambito delle mansioni espletate ai rischi del microclima caldo, deve essere predisposta la sorveglianza sanitaria con visita medica preventiva per verificare al momento dell’ingresso al lavoro la presenza di fattori di rischio, costituzionali o acquisiti.
  • Formazione. L’obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza dei lavoratori sugli effetti sulla salute dello stress da caldo e sulle misure di prevenzione e protezione da adottare. La formazione deve comprendere l’illustrazione delle misure organizzative aziendali previste per contrastare il rischio, specifiche indicazioni sugli abiti e sugli altri dispositivi di sicurezza (occhiali da sole, cappello, l’eventuale uso di creme solari, eccetera) da utilizzare, sull’importanza di mantenere un ottimo stato di idratazione e un’alimentazione equilibrata, sui fattori di rischio individuali e sulla gestione dei sintomi delle patologie da calore.
  • Idratazione. Rendere disponibile acqua potabile da bere e acqua per rinfrescarsi. L’acqua fresca potabile deve essere sempre disponibile e facilmente accessibile. In situazioni di esposizione a caldo intenso e prolungato, i lavoratori dovrebbero bere un bicchiere d’acqua ogni quindici/venti minuti (250 millilitri). Contenitori per l’acqua refrigerati dovrebbero essere installati in diverse postazioni sul luogo di lavoro in aree ombreggiate.
  • Abbigliamento. È necessario fornire ai lavoratori, a seconda del tipo di attività lavorativa svolta, abiti leggeri a trama fitta, traspiranti e di colore non bianco, a meno che non si tratti di abbigliamento tecnico con certificata protezione dalla radiazione UV. Tali indumenti devono ricoprire buona parte del corpo (per esempio maglietta a maniche lunghe). Possono essere forniti indumenti refrigeranti o gilet ventilati ai lavoratori più esposti che svolgono lavori pesanti.
  • Riorganizzazione dei turni di lavoro. La modifica degli orari di lavoro può ridurre l’esposizione dei lavoratori al calore. Pianificare per esempio le attività che richiedono un maggiore sforzo fisico durante i momenti più freschi della giornata; alternare i turni tra i lavoratori in modo da minimizzare l’esposizione individuale al caldo o al sole diretto e interrompere il lavoro in casi estremi quando il rischio di patologie da calore e da esposizione solare è molto alto.
  • Rendere disponibili aree ombreggiate per le pause. Pianificare pause brevi ma frequenti in luoghi ombreggiati non causa perdite di produttività, anzi! Ci sono evidenze che in assenza di pause pianificate il ritmo di lavoro si rallenta e aumenta il rischio di errore umano. I pasti devono essere consumati sempre in aree ombreggiate.
  • Favorire l’acclimatazione dei lavoratori. L’acclimatazione consiste in una serie di modificazioni fisiologiche che consentono all’organismo di tollerare la conduzione di mansioni lavorative in condizioni di esposizione a temperature elevate. Si ottiene aumentando gradualmente i carichi di lavoro e l’esposizione al calore dei lavoratori e favorendo frequenti pause per l’approvvigionamento di acqua e il riposo all’ombra. Sono necessari generalmente dai sette ai quattordici giorni per raggiungere uno stato di acclimatazione.
  • Promuovere il reciproco controllo dei lavoratori. Fermo restando il controllo che deve essere svolto dal preposto aziendale, è necessario promuovere il reciproco controllo dei lavoratori soprattutto in momenti della giornata caratterizzati da temperature particolarmente elevate.
  • Pianificazione e risposta alle emergenze. Prima dell’esposizione dei lavoratori al calore (all’aperto o al chiuso) è importante sviluppare, con la collaborazione del medico competente e del responsabile della sicurezza, un piano di sorveglianza per il monitoraggio dei segni e dei sintomi delle patologie da calore. Il piano deve includere anche come contattare i soccorsi e quali misure di primo intervento attuare in attesa dell’arrivo dei soccorsi.

Lavoro e caldo, cosa deve fare il lavoratore

Come deve comportarsi invece il lavoratore per prevenire possibili danni alla salute?

Ecco le dieci buone pratiche che abbiamo individuato con l’aiuto di Alessandro Marinaccio:

  • Bere all’inizio della giornata, prima di iniziare a lavorare. Essere idratati prima di iniziare a lavorare rende più facile il mantenimento dell’idratazione durante la giornata. Prima si inizia a bere, meno si mette sotto sforzo l’organismo. Se si inizia a lavorare in condizioni di disidratazione, l’acqua bevuta durante la giornata, anche se consumata in quantità adeguata, potrebbe non essere sufficiente a soddisfare il fabbisogno idrico dell’organismo.
  • Reidratarsi anche alla fine della giornata lavorativa. Normalmente i sali minerali persi con la sudorazione sono reintegrati in occasione dei pasti, pertanto per mantenere l’equilibrio idroelettrolitico è importante consumare i pasti a intervalli regolari. I lavoratori in regime di autorestrizione idrica per motivi religiosi (coloro per esempio che seguono il Ramadan) devono bere almeno 2 litri d’acqua dopo il tramonto e 2 litri d’acqua prima dell’alba. Evitare il consumo di bevande alcoliche ai pasti perché l’alcol favorisce la vasodilatazione e aumenta il rischio di patologie da calore.
  • Riconoscere la disidratazione. I lavoratori possono valutare il proprio stato di idratazione controllando la quantità e il colore dell’urina emessa: si è in buono stato di idratazione se si avverte lo stimolo a urinare una volta ogni due o tre ore e se l’urina è di colore chiaro.
  • Fare pause periodiche per rinfrescarsi. Pause dal lavoro brevi e tanto più frequenti quanto maggiore è il rischio associato al caldo possono ridurre i rischi per la salute senza influenzare la produttività.
  • Prestare attenzione alle previsioni giornaliere sulle ondate di calore. È bene consultare le piattaforme previsionali di allerta da caldo specifiche per i lavoratori, come quelle disponibili nell’ambito del progetto Worklimate, in grado di fornire previsioni personalizzate sulla base dell’attività fisica svolta dal lavoratore e dell’ambiente di lavoro.
  • Fare attenzione all’alimentazione. In particolare, consumare frutta e verdura fresca, privilegiare alimenti come banane, spinaci e noci. Consumare pasti leggeri e frequenti e preferire alimenti ricchi di fibre. Evitare cibi grassi e salati, bevande zuccherate e succhi di frutta e bevande alcoliche.
  • Fare attenzione all’abbigliamento. Privilegiare abiti leggeri a trama fitta e traspiranti.
  • Sviluppare il controllo reciproco fra colleghi. Tutti i lavoratori devono essere in grado di riconoscere i sintomi legati allo stress termico. I lavoratori che presentano sintomi di patologie acute da calore devono cessare immediatamente di svolgere le attività, stare all’ombra, rinfrescarsi bagnandosi con acqua fresca e bere acqua potabile. Il raffreddamento è l’azione prioritaria da mettere in atto immediatamente ai primi sintomi. Lo stato confusionale può essere un segno di colpo di calore e richiede un’immediata assistenza medica. Il lavoratore con sintomi non deve essere mai lasciato solo fino a quando non arrivano i soccorsi.
  • Tenere presente i tempi di acclimatazione. Come detto, l’acclimatazione consiste in una serie di modificazioni fisiologiche che consentono all’organismo di tollerare la conduzione di mansioni lavorative in condizioni di esposizione a temperature elevate. Si ottiene aumentando gradualmente i carichi di lavoro e l’esposizione al calore dei lavoratori e favorendo frequenti pause per l’approvvigionamento di acqua e il riposo all’ombra. Sono necessari dai sette ai quattordici giorni per raggiungere uno stato di acclimatazione (di più nel caso in cui il lavoratore stia assumendo determinati farmaci o sia affetto da patologie croniche).
  • Graduare i carichi di lavoro. In linea con quanto raccomandato dagli organismi internazionali per la protezione della salute occupazionale è consigliato, in caso di ondata di calore, che i lavoratori neoassunti e quelli che riprendono il lavoro dopo un’assenza prolungata inizino con il 20% del carico di lavoro il primo giorno e aumentino gradualmente il carico ogni giorno successivo; i lavoratori esperti dovrebbero iniziare il primo giorno al 50% del carico normale e aumentare gradualmente il carico nei giorni successivi.

Infine, è bene ricordare che particolare attenzione è da riservare alla formazione degli addetti al primo soccorso e che la prima cosa da fare se un lavoratore di sente male è quella di chiamare il 118.

Worklimate, ordinanze e protocolli contro il caldo

Accanto a questi consigli e buone pratiche, quasi tutte le regioni italiane a partire dal mese di giugno hanno emanato delle ordinanze regionali per la tutela dei lavoratori facendo esplicito riferimento ai risultati di ricerca e alle mappe di previsione del rischio caldo prodotte nell’ambito del progetto Worklimate.

“L’Ispettorato Nazionale del Lavoro e il Coordinamento Tecnico delle Regioni per la Salute e la Sicurezza del Lavoro – ci spiega Marinaccio – hanno indicato i risultati del progetto come un riferimento essenziale nella pianificazione degli interventi di contrasto e adattamento al rischio di esposizione occupazionale al caldo. Ad oggi quasi tutte le regioni hanno ordinato la sospensione delle attività lavorative in specifici contesti occupazionali (generalmente in ambito agricolo, dell’edilizia e del settore florovivaistico e delle cave) dalle 12:30 alle 16:00 nei segmenti spazio temporali indicati dalla piattaforma Worklimate come a rischio ‘Alto’ per i lavoratori”.

In Italia è infatti attivo il progetto di ricerca Worklimate, coordinato dall’Inail e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la Bioeconomia (Cnr-Ibe), che ha sviluppato un programma di attività per l’analisi dell’impatto del cambiamento climatico sulla salute e sulla sicurezza del lavoro e di intervento per la prevenzione dei rischi e la riduzione degli effetti.

Worklimate ha prodotto e reso disponibile un sistema di allerta con estremo dettaglio territoriale e specifico per il rischio occupazionale.

“Le previsioni – specifica Alessandro Marinaccio – utilizzano l’indicatore Wet Bulb Globe Temperature (WBGT) che, nella versione elaborata nell’ambito del nuovo progetto Worklimate 2.0, usa un modello meteorologico deterministico (MOLOCH) con una risoluzione spaziale elevata (circa 2 chilometri) e un intervallo temporale orario di previsione con un orizzonte di settantadue ore. Le previsioni del rischio di esposizione al caldo sono personalizzate su soggetti sani, considerando un profilo di lavoratore standard (altezza 175 centimetri, peso 75 chilogrammi), che svolge attività fisica moderata o intensa, esposto direttamente ai raggi solari o che lavora all’ombra, e sono disponibili per diversi momenti della giornata (ore 8:00, 12:00, 16:00 e 20:00). Il sistema consente, inoltre, una ricerca specifica per località con previsioni a tre giorni”.

Più recentemente, grazie a un accordo tra organizzazioni agricole e sindacati, è stato siglato un protocollo che rappresenta una sorta di roadmap per inserire nuove misure anticaldo a tutela dei lavoratori più esposti alle elevate temperature estive e norme a tutela delle aziende che andranno incontro a sospensioni delle attività lavorative.