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Crisi angurie 2025: prezzi sotto costo e mercato fermo anche ad agosto

Un’estate anomala, un mercato in stallo e prezzi ben al di sotto dei costi di produzione. È questo il quadro, tutt’altro che rassicurante, tracciato da Iolanda Turrà, responsabile amministrativo dell’azienda agricola Giovanni Turrà di Crotone (Calabria), che descrive la campagna commerciale 2025 delle angurie come “la peggiore di cui mio padre abbia memoria”. Lo riporta freshplaza.

Prezzi irrisori e angurie lasciate nei campi: la denuncia di Coldiretti Calabria
Il problema è chiaro: il prezzo offerto è talmente basso da rendere sconveniente la raccolta. A confermarlo, i dati di Coldiretti Calabria, che in una nota stampa dell’8 agosto parla di una “scena che colpisce e indigna”: interi campi di angurie mature, lasciate a terra, sono stati trinciati e lavorati con il frangizolle nella provincia di Crotone, dove gli agricoltori sono costretti a distruggere il raccolto, perché il prezzo offerto – appena 0,07-0,08 euro/kg – non copre nemmeno i costi di produzione.

Il contrasto con i banchi della Grande distribuzione organizzata è evidente: nei supermercati non mancano le angurie di importazione, spesso vendute a prezzi finali ben più alti di quelli riconosciuti ai produttori locali.

“Coldiretti parla di un prezzo di 0,07-0,08 euro/kg, ma il costo reale di produzione è di almeno 0,20 euro. A queste cifre non si coprono le spese, nemmeno a livello minimo”, sottolinea Turrà, che invita a trattare il tema con dati precisi e analisi puntuali, evitando generalizzazioni o cifre sottostimate.

Un problema nazionale, non solo calabrese
Secondo Coldiretti, “quello che accade nel crotonese si inserisce in un quadro nazionale di grande difficoltà del comparto”. Angurie e meloni gialli hanno subito un crollo aggravato dalla siccità, mentre le importazioni generano distorsioni e speculazioni a danno del prodotto italiano. Il direttore interprovinciale Coldiretti di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, Pietro Bozzo, è netto: “Non è possibile accettare che il lavoro agricolo venga trattato come merce di scarto. Serve trasparenza nella filiera, rispetto della provenienza e controlli più efficaci sulle importazioni”.

Anche la testimonianza di Turrà conferma che la crisi è diffusa ben oltre la Calabria: “In Puglia e Basilicata, ma anche nell’area pontina, la situazione è identica. E non parliamo del solo mese di agosto. Alcuni preferiscono lasciare la merce in campo piuttosto che raccoglierla, perché non conviene”.

Maltempo e consumo rallentato
Quest’anno le superfici coltivate ad anguria sono inferiori rispetto al passato, secondo quanto riferisce Turrà, ma la domanda non è riuscita ad assorbire la produzione. Tra le cause, l’importazione precoce di prodotto estero di qualità inferiore, che avrebbe deluso i consumatori nella prima parte della stagione, e il maltempo persistente che ha colpito gran parte del Nord Italia e dell’Europa fino a luglio, limitando i consumi di un frutto fortemente legato alle alte temperature.

Il calo delle presenze turistiche ha fatto il resto. “Con Ferragosto alle porte (l’intervista è avvenuta il 12 agosto 2025, ndr), sembra che l’estate sia passata senza lasciare traccia. Se le spiagge non sono affollate, cala anche la vendita di frutta fresca nei chioschi e nei lidi”, osserva Turrà.

La crisi delle angurie è solo un tassello di un fenomeno più ampio: la contrazione dei consumi alimentari. “Rispetto a cinque anni fa, le famiglie spendono meno per il cibo in generale, che dovrebbe essere una priorità. Molti rinunciano alla qualità pur di spendere in altri settori, come la tecnologia”, afferma Turrà.

Prospettive incerte fino a fine agosto
L’azienda agricola Giovanni Turrà prevede di avere angurie fino a fine mese, forse fino alla prima settimana di settembre, ma il caldo estremo – con punte oltre i 40 °C in Calabria (al 12 agosto 2025, ndr) – potrebbe accelerare i tempi.

“Resteremo ottimisti fino all’ultimo, ma la realtà è che ci sono giornate ‘fiacche’. Anche quando arrivano ordini dall’Italia e dall’estero, in particolare dall’Est Europa, i prezzi restano comunque molto bassi, rendendo l’attività poco remunerativa”, conclude Turrà.